Il sentiero delle carbonaie

Nell’estate dell’83 un enorme incendio bruciò tutta la foresta che circondava La Cerra. Passato il fuoco, restò visibile uno stretto sentiero che saliva dritto verso la “Sarra di lu Tassu”. Percorrendolo notai delle terrazze rotonde costruite in pietra e terra nei posti più impensati. Chiesi agli anziani degli stazzi vicini, da cui appresi che erano “chei”, parola che in gallurese vuol dire “carbonaie”.

 

A partire dalla seconda metà dell’Ottocento, l’incessante richiesta di carbone che seguì la prima rivoluzione industriale spinse inizialmente squadre di carbonai toscani, ma poi anche gli stessi abitanti degli stazzi, a sfruttare le risorse boschive per la produzione di carbone vegetale. La combustione del legname tagliato avveniva in questi spiazzi artificiali, costruiti perfettamente in piano, situati lungo i territori boschivi. Si costruiva una struttura conica fatta di tronchi di legna e coperta di erba e terra e, una volta avviata la combustione dall’interno della “chea” la si alimentava ogni dodici/quindici ore per quindici giorni, aggiungendo brace ardente. Soffocato il fuoco, si smantellava la carbonaia che fruttava 20 quintali di carbone ogni 100 di legna.

 

Durante la pandemia abbiamo iniziato a liberare il ripido sentiero dalla vegetazione e ripulito il sottobosco per favorire la lenta ricrescita delle essenze pregiate (lecci, frassini, sughere, corbezzoli, alaterni e filirree). Un lavoro duro e faticoso, ma anche entusiasmante e che alla fine ha portato alla scoperta di ben quindici “chei” che oggi sono collegate da percorsi di varie lunghezze e difficoltà, la cui mappa vi daremo al vostro arrivo a La Cerra.

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